Sentimenti negativi, tristezza, abbattimento, preoccupazione, disperazione, anedonia (incapacità di godere dei normali piaceri), senso di vuoto, senso di colpa e svalutazione personale, pensiero o azione suicida, perdita di interesse verso le attività usuali, astenia, faticabilità, agitazione, insonnia, cefalee, disturbi gastrointestinali: depressione.
Karl Abraham fu il primo psicoanalista a presentare uno scritto sulla melanconia; a partire dal suo contributo Freud in Lutto e melanconia (1917) paragonò e contrappose le condizioni depressive (la melanconia) al lutto. Egli trovò che la differenza più significativa tra i due stati fosse data dal fatto che nelle normali reazioni di lutto si percepisce il mondo esterno impoverito in qualche aspetto importante (per esempio, la perdita di una persona cara), mentre nelle condizioni depressive ciò che si sente perduto o danneggiato è una parte del Sé (Mc Williams, La diagnosi psicoanalitica, 2011).

Proprio così, la persona depressa non riconosce più se stessa, smarrita ed intrappolata nel senso di colpa, nella rabbia e nella tristezza con una visione negativa del futuro, di sé e del mondo. Quando la depressione diventa intensa l’ansia e l’ostilità svaniscono e cedono il posto all’insensibilità ed al senso di vuoto. Nel depresso il generale atteggiamento di resa e di rinuncia crea con il tempo uno scollamento tra l’individuo e la sua realtà, giorno dopo giorno cresce la distanza dagli altri, dalle relazioni e dalle opportunità. La passività e la letargia realizzano una vera e propria mutilazione esistenziale che conduce alla disperazione.
Qual è la causa della depressione? La depressione è uno stimolo ambiguo che può avere molte cause. In parole povere, è difficile, se non impossibile, stabilire un semplice rapporto di causa-effetto. Le ricerche mostrano che in più del 90% dei casi ci sia un fattore precipitante che scaturisce la reazione depressiva, un avvenimento specifico, un evento doloroso come una separazione, la morte del coniuge, la maternità, un impiego insoddisfacente, la perdita del posto di lavoro, degli investimenti improduttivi o la vecchiaia ad esempio. Anche se non tutti quelli che subiscono un evento analogo diventano clinicamente depressi. Gran parte della letteratura scientifica pone in tre aree le radici della depressione: biologia, psicologia, sociologia.
Gli squilibri biochimici costituiscono soltanto una piccola percentuale delle ragioni che scatenano la patologia depressiva. Per gran parte delle persone, la depressione è più influenzata dalla cultura che dalla natura. Già nel 1966 Aaron T. Beck sosteneva, coraggiosamente, che la depressione non consiste in un malfunzionamento della chimica cerebrale, bensì in un disturbo del pensiero conscio. La possibile distorsione cognitiva nell’interpretare alcune situazioni e lo stile di attribuzione di significati ai comportamenti degli altri definisce il modo in cui ci spieghiamo gli eventi della vita e le reazioni che questi eventi hanno su di noi.
E’ importante intervenire rapidamente. Gli studi evidenziano che uno stato di dolore psicologico, se non risolto in tempo, tende a trasformarsi in depressione. Per questo è molto importante non sottovalutare la presenza di un tale malessere psicofisico. L’atto di chiedere aiuto è il primo passo per vincere l’atteggiamento di passività e di rinuncia tipico di questo disturbo. Chi soffre di depressione non è malato, è una persona cui non è stato insegnato come sviluppare specifiche modalità di pensiero, sentimento, o comportamento che proteggono dalle difficoltà della vita. Ed è possibile impararle adesso (Michael D. Yapko, 1997).
L’intervento integrato proposto per questo tipo di disturbo negli studi di Empoli e di Lucca si avvale di tecniche di terapia breve strategica, ipnosi ericksoniana e di terapia cognitiva per scardinare gli autoinganni mentali alla base di uno stile cognitivo e percettivo negativo e pessimista che crea vere e proprie profezie catastrofiche che si autorealizzano.