Approfondimenti, parole
ed emozioni sull’essere
umano

Il male psicologico della cultura consumistica (siamo come siamo)

Siamo fragili, sensibili, emotivi e sembra che sia sbagliato sentirsi così. Le relazioni primarie, gli altri, la società, i media ed i social media generano tutto quel mondo complesso di immagini e significati che abita l’inconscio collettivo (per scomodare in maniera del tutto soggettiva C.G. Jung) e che crea nelle nostre menti l’idea di come dovremmo essere.

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E’ il bisogno di sentirsi parte di qualcosa o qualcuno, di una coppia, di una famiglia, di un gruppo di amici, di un’azienda, di un movimento sociale o politico, di una società sportiva, di un circolo artistico ad alimentare la necessità di uniformarsi. E’ questa la leva essenziale che attiva lo scambio dei binari sui quali viaggiamo.

Spero mi sia concesso di dare spazio a quella che sembra avere tutta l’aria di essere una critica retorica e un’accusa per come questa nostra società educa i suoi figli. Ahimè, i genitori non si scelgono, e forse, possiamo ritenerci fortunati se almeno un piatto caldo non ci manca.

Per questo, evitando di gettare benzina sul fuoco e tornando alla questione del nostro benessere interiore, suggerisco che per trovare riparo dalle ansie e dalle angosce dovremmo avere l’ardire di allontanarci, a volte e di tanto in tanto, da tutto quello che ci circonda e che crediamo sia “normale”. Coltivando un nuovo modo di dialogare con noi stessi, attraverso un’introspezione attenta e diretta alla ricerca di tutto ciò che modella le nostre credenze ed i nostri pregiudizi.

E’ vero, non è facile ascoltarsi e prestare orecchio a quello che proviamo, può risultare più immediato seguire quello che fanno o che dicono gli altri. Del resto impariamo osservando, ma, il confronto è causa di sofferenza. Nel paragonarci a quei presunti modelli da imitare, alteriamo inevitabilmente la valutazione che facciamo di noi stessi. E’ dalle foto e dai video degli altri che vengono a galla invidia ed insoddisfazione.

Osservando le immagini di persone note, ci diciamo: “E’ quello il modo in cui si deve essere per stare bene. Devo avere quelle cose, devo essere in quel modo!”. Ed è in quel preciso momento che viene a mancarci qualcosa.

Come possiamo fare per mantenere e coltivare la nostra identità senza perderla? Come possiamo proteggere noi stessi da questa cultura consumistica che promette soddisfazioni immediate e risultati senza sforzi? Le risposte sono molte e dipendono da dove vogliamo affrontare la questione. Tuttavia, potremmo iniziare con il recuperare un po’ della nostra unicità. Un po’ di quel sano “Io sono questo, mi accetto e mi accolgo per come sono”.

Allora, sarà più facile capire che possiamo essere come siamo. E lasciarci andare. Saremo noi a scegliere, non improvvisati mentori a dirci cosa fare o cosa dire. Ci vuole più amore per il nostro essere differenti gli uni dagli altri, sono le nostre ammaccature a renderci dei capolavori. “Siate quello che volete, siate come vi pare. Io sono questo”.

La vita è una sfida che non possiamo non giocare. Ed è alimentando la voglia di scoprire cose nuove ed il piacere di assaporare tutto quello che ci circonda che possiamo trasformare l’invidia in ammirazione, ed il miglioramento in bellezza. La diversità è la nostra unicità. Parafrasando Jim Douglas Morrison: se non saremo mai qualcuno, nessuno sarà mai come noi.

“È grave essere diversi?
È grave sforzarsi di essere uguali.”

Paulo Coelho

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