Dòlor -oris dal latino mi dolgo, mi sento male questo è il dolore un patimento fisico e psicologico che ci rende inermi ed impotenti, che ci prosciuga e ci ottenebra privandoci della lucidità. Per comprendere come riuscire ad affrontare il patimento dobbiamo tenere presente che ogni epoca ha elaborato modi diversi di concepire la sofferenza. Nella mitologia greca Algos era il dio del dolore e come racconta Esiodo nella sua opera Teogonia (VIII-VII a.c.) la sua discendenza trovava origine in una forza oscura e irrazionale che doveva essere accolta in modo fatalistico. Oggi faremmo di tutto per evitare il dolore: abusare di farmaci, di sostanze o di relazioni dannose. Insomma, il male deve essere sedato in tutti i modi perché non ci piace, ci spaventa e ci fa sentire sbagliati. E spesso, tutto questo genera un grande equivoco quello di associare la sofferenza alla patologia, ma si può stare male senza che questo significhi avere un disturbo psichico.
Nella maggior parte dei casi l’emozione del dolore emerge con tutta la sua potenza quando nella nostra vita viene a mancare qualcuno a cui siamo legati affettivamente o qualcosa che ci dà fiducia e stima. John Bowlby nel suo saggio sul processo del lutto dimostra che le risposte alla perdita dei bambini piccoli sono, a livello descrittivo, pressocché identiche a quelle che si osservano negli adulti. Il pianto e la collera hanno un grande rilievo tra i processi psicologici impegnati nella reazione ad una perdita, essi sono un mezzo per cercare di recuperare l’oggetto d’amore perduto. Il dolore, invece, indica la sequenza degli stati soggettivi che seguono la perdita ed accompagnano il lutto. Varie fasi si susseguono creando una lotta interiore tra il rifiuto, la negazione della perdita, e l’ostinato tentativo di recuperare quello che, oramai, non c’è più.
Non è un caso che i filosofi che hanno scritto sulla felicità come Epicuro sostengano che essa si trovi nell’assenza di dolore. Lo stesso Schopenhauer recitava che l’uomo saggio non persegue ciò che è piacevole, ma l’assenza di dolore. Ovviamente i grandi saggi vogliono stimolarci alla misura e ricordarci di apprezzare le cose che abbiamo. Per primi, anch’essi, ben sapevano che soffrire è inevitabile nell’arco di una vita, e tutti ci siamo passati. Ma, il dolore non è soltanto un sadico scherzo del destino, esso ha anche delle funzioni positive; la vera sfida è riuscire a gestirlo, e spingere sé stessi oltre il suo limite. Per il drammaturgo Eschilo il dolore era la via maestra da percorrere per giungere alla conoscenza.
Dunque, come possiamo cercare di gestire ed affrontare il dolore? Per prima cosa non possiamo né dobbiamo ignorarlo, far finta che non ci sia, ogni ferita ha i suoi tempi tecnici di guarigione. Da un punto di vista evoluzionistico il dolore ci dà un momento di stop, di recupero e di riflessione, ci avvicina agli altri e ci spinge a chiedere aiuto. Secondo passo, come scrive Emil Cioran dobbiamo consentirci di soffrire per cessare di soffrire, incontrare il dolore concedergli uno spazio ed un tempo nella giornata. Terzo, abbiamo l’obbligo di continuare a portare avanti i doveri della vita ed a prenderci cura della nostra persona.
Accettare un cambiamento inaspettato e doloroso è un’impresa ardua, ma possibile. Marcel Proust diceva che: “la felicità è benefica al corpo, ma è il dolore che sviluppa le facoltà dello spirito”. Se facciamo questo senza evitare la sofferenza, arriverà il momento in cui la ferita sarà rimarginata, ed avremo rivelate risorse inaspettate come la capacità di riuscire a vincere le difficoltà. I periodi bui, ed i giorni grigi del dolore una volta superati ci lasciano più forti, non dobbiamo arrenderci mai, come recita il titolo di un libro di G. Nardone “non c’è notte che non veda il giorno”.