Vorrei regalarvi una storia, per farvi riflettere su di un processo psichico molto importante per la qualità delle nostre vite: la percezione. Continuamente, durante la nostra giornata siamo chiamati ad attribuire significati ed a interpretare le parole, i silenzi e gli atteggiamenti degli altri nei nostri confronti. Compiere questa operazione mentale con superficialità e presunzione può trarci in inganno, e condurci, perfino, a tragici errori. Nella storia di Truong raccontata da Thich Nhat Hanh in Discorsi ai bambini si narra di come una percezione sbagliata, l’ottusità dell’orgoglio, la rigidità delle proprie congetture ed il rifiuto a parlare apertamente con le persone che amiamo possano essere le cause della nostra infelicità. Di seguito riporterò la storia di Truong, con qualche piccolo taglio per esigenze espositive.
Truong era un giovane sposo che doveva partire per la guerra lasciando la sua giovane moglie incinta da sola a casa. Il giorno della partenza piansero molto quando si lasciarono, non sapevano se lui sarebbe mai tornato vivo. Nessuno può saperlo, andare in guerra è un vero rischio. Truong fu abbastanza fortunato, sopravvisse. Qualche anno più tardi fu rilasciato dall’esercito. Sua moglie fu veramente felice quando apprese la notizia. Andò ad accoglierlo alle porte del villaggio insieme al bambino che era nato mentre il suo papà era in guerra. Quando si rincontrarono, continuavano ad abbracciarsi e a piangere, ma erano lacrime di gioia. Provavano molta gratitudine per quel ritorno e per la possibilità che il padre ed il bimbo si vedessero per la prima volta.
Secondo la tradizione, si doveva fare un’offerta all’altare degli antenati per annunciare che la famiglia si era riunita. Truong disse alla moglie di andare al mercato a comprare fiori, frutta e tutto ciò che serviva per l’offerta, mentre lui sarebbe andato col bambino a casa. Arrivati a casa cercò di persuaderlo a farsi chiamare papà, ma il piccolo si rifiutò: “Signore, voi non siete mio padre. Mio padre è un’altra persona. Viene a trovarci ogni notte e ogni volta che viene mia madre gli parla molto e a lungo. In genere mia madre piange e piange, e quando lei si siede anche mio padre si siede, quando mia madre è stesa anche lui si stende, dunque tu non sei mio padre”. Il giovane padre si rattristò molto e si sentì ferito. Immaginava che ogni notte un altro uomo venisse a casa sua e passasse le notti con sua moglie. Tutta la sua felicità scomparve in un istante, era stata molto breve, seguita subito da infelicità. Soffriva tantissimo ed il suo cuore era diventato un pezzo di pietra e di ghiaccio, non riusciva più a sorridere e divenne molto silenzioso, soffriva molto profondamente.
La moglie non sapeva niente di tutto ciò e quando tornò a casa fu molto sorpresa che lui non la guardasse e non le parlasse più. Si manteneva molto freddo, come se la disprezzasse e lei non capiva perché, non capiva cosa fosse successo e cominciò a soffrire anche lei, a soffrire profondamente. Quando l’offerta per la cerimonia fu pronta, lei la pose sull’altare. Suo marito accese l’incenso, pregò gli antenati, fece le quattro prostrazioni e annunciò che lui era tornato salvo a casa con la sua famiglia. Fatto ciò il giovane padre riavvolse il tappetino e non permise alla moglie di fare lo stesso perché pensava che lei non fosse degna di presentarsi di fronte all’altare degli antenati. La giovane donna si vergognò molto e si sentì molto umiliata e soffrì ancora più profondamente. Dopo l’offerta il giovane se ne andò via di casa, se ne andò al villaggio, passò il tempo in un’osteria e si ubriacò perché non poteva sopportare la sua sofferenza. Non tornò a casa, se non molto tardi, verso l’una o le due di notte, ed era molto ubriaco. Ripeté questo comportamento per molti giorni, non parlava più con sua moglie, non la guardava più e non mangiava più in casa con loro. La giovane moglie soffriva tantissimo e non lo sopportava più. Il quarto giorno si buttò nel fiume e morì.
La notte dopo la morte di lei, Truong dovette rimanere a casa a prendersi cura del figlio. Cercò la lampada a kerosene e l’accese. Quando ci fu la luce, il bambino subito gridò: “Ecco mio padre!”. E indicò l’ombra di suo padre sul muro. “Sai, signore, mio padre veniva generalmente così e mia madre parlava con lui molto e piangeva molto con lui e ogni volta che si sedeva, anche mio padre si sedeva. Ogni volta che mia madre si stendeva anche lui si stendeva”. Il giovane capì che il “padre” del bambino era soltanto l’ombra della donna sul muro; il marito le mancava tanto che lei ogni notte parlava a quell’ombra. Il bambino un giorno le aveva chiesto: “Tutti in paese hanno un padre, perché io no?”. Per calmarlo, indicando la propria ombra sul muro gli aveva detto: “Ecco tuo padre!”, e aveva cominciato a parlare all’ombra. “Mio caro marito, sei stato via già troppo. Come posso tirare su nostro figlio da sola? Per favore torna il più presto possibile”. Questo tipo di cose diceva. Naturalmente quando era stanca si sedeva e anche l’ombra si sedeva. Ora il giovane padre cominciava a capire. Pianse, pianse, pianse. La percezione sbagliata veniva spazzata via, ma era troppo tardi, la moglie era già morta.
Una storia toccante quella di Truong. Quante volte vi è successo? Quante volte in situazioni anche banali e quotidiane vi siete sentiti feriti dagli altri, e avete letto quelle loro intenzioni nell’unica maniera che avete ritenuto sensata, senza dubitarne, senza parlarne. Dovremmo sempre chiederci se la percezione che pensiamo di avere sia giusta, e l’unica possibile. Quel che appare non corrisponde sempre alla realtà delle cose. Fare tutto ciò da soli è difficile, per questo facciamoci aiutare dall’altro! Superando l’orgoglio che ci rende immaturi, soli ed inzuppati di risentimento. Nel vero amore non c’è posto per l’orgoglio, cercate il dialogo. Chiedete all’altro di aiutarvi, ricordate la storia di Truong.