Quando due persone arrivano alla decisione di separarsi, solitamente, sono consumate e prosciugate dal dolore, dai conflitti e dalle incomprensioni. Spesso le motivazioni, che rendono ineluttabile la fine della relazione, sono chiare ad entrambi i coniugi, ciò nonostante può succedere che questi procrastino il momento dello scioglimento formale della loro unione. Perché questo accade? A complicare le cose ci pensano la preoccupazione per il giudizio degli altri (genitori, parenti, amici), il confronto con il fallimento e, soprattutto, il dover affrontare i figli. Nel genitore esplode l’ansia di poter deludere e far soffrire, ed il timore di poter arrecare un danno psicologico che comprometta il futuro del figlio. Certo, la separazione è uno dei cambiamenti più dolorosi nella vita di un individuo, ma, dobbiamo dire che non è l’unico, e da esso possono scaturire una serie di effetti che non sono soltanto negativi, in alcune realtà si hanno anche conseguenze costruttive.
Cerchiamo, per quanto possibile in questo breve contributo, di descrivere quelle che possono essere alcune problematicità dello scioglimento familiare. Può accadere che durante le prime tappe della separazione compaiano (soprattutto nei bambini da 3 anni in su) sintomi regressivi (ovvero tipici di età precedenti) quali l’enuresi notturna, la paura di dormire da soli, risvegli notturni frequenti, capricci al momento dei pasti, rabbia verso uno o entrambi i genitori, rifiuto di studiare o fare i compiti e così via. Nei ragazzi più grandi possono invece comparire atteggiamenti di ribellione o provocazione; tipico è il tentativo degli adolescenti di inserirsi nello spazio creato dalla separazione per fare cose che in precedenza non erano concesse, cercando nel <<trauma>> l’alibi per uscire dagli schemi precedenti e trasgredire le regole prestabilite. Queste espressioni di disagio emotivo non vanno confuse con disturbi veri e propri, poiché rappresentano una prima reazione al cambiamento ed al turbamento innescato dalla separazione. Si osserva, infatti, a breve un ristabilirsi dell’equilibrio precedente, che con un po’ di calma e regole ben poste, non può non tornare (Cagnoni, Nardone – “Aiutare i genitori ad aiutare i figli” 2012).
Per superare la separazione dei genitori e non rimanere intrappolati sotto alle macerie, occorre, come sostiene Emery: vivere il lutto. I figli devono attraversare le fasi necessarie per riuscire ad elaborare la perdita, quindi una prima fase di negazione o rifiuto, che anticipa manifestazioni di rabbia verso uno o entrambi i genitori, fratelli o sorelle, e compagni di scuola. Non è raro, superata questa fase, il tentativo di riavvicinare i genitori con ricatti emotivi o alleanze manipolatorie; seguono paura e momenti di tristezza che sono sintomatici della fase depressiva dell’elaborazione della perdita. Poi, per la maggior parte dei bambini arriva il tempo dell’accettazione, un nuovo equilibrio si fa spazio, e lo stabilirsi della nuova situazione familiare favorisce la conferma e l’attenzione affettiva necessaria al bambino per ritrovare la serenità.
Il nemico più grande per la salute psicologica di un figlio, di genitori divisi, non è la separazione, ma il conflitto; numerose sono le ricerche che evidenziano la correlazione tra conflittualità e malessere psicologico (Elliot e Richards, 1992; Jenkins, Smith, 1990). L’odio che si accende in queste guerre dei “Roses” non trova vincitore proclamando la sconfitta di tutta la famiglia; <<separarsi bene>> deve essere l’obiettivo della coppia, al fine di superare in fretta la tempesta. La vita può separarci, allontanandoci, ma il nostro passato può essere rispettato, ricordando che dall’altra parte c’è una persona che un tempo abbiamo amato.