L’organizzazione Mondiale della Sanità afferma che la depressione è la principale causa di cattiva salute e disabilità in tutto il mondo. Più di 300 milioni di persone vivono con la depressione, questo disturbo ha avuto un aumento di oltre il 18% tra il 2005 e il 2015. Un tale dato conferma l’importanza della prevenzione e della produzione di diagnosi corrette, al fine, di discriminare prontamente le reali forme di depressione da quelle che di fatto non lo sono. Per ciò che concerne le strategie di cura delle forme depressive, ad oggi, viene ancora privilegiato la somministrazione di antidepressivi, spesso in combinazione con ansiolitici, questa soluzione nella grande parte dei casi non conduce alla risoluzione definitiva del disturbo, e può risultare complice della cronicizzazione della patologia.
Gli studi effettuati da Irving Kirsch “The emperor’s new drugs: medication and placebo in the treatment of depression” del 2014 hanno dimostrato che gli antidepressivi che dovrebbero funzionare risolvendo uno squilibrio chimico, in particolare sui livelli di serotonina prodotti nel cervello, non hanno tutta questa efficacia e la maggior parte dei benefici riscontrati sono dovuti all’effetto placebo. Inoltre, dalle ricerche sulla depressione emerge che soltanto il 2% delle depressioni siano prive di cause scatenanti e quindi esclusivamente biologiche. Questo è il dato di grande interesse, in quanto, ci conduce a descrivere la depressione non più come una condizione statica di sofferenza, ma come una reazione patologica ad eventi scatenanti e come la risposta ad altri tipi di disturbi, per esempio il disturbo da attacchi di panico.
Lo stile cognitivo pessimistico caratterizza la depressione con un concetto negativo del futuro, di sé e del mondo. Il modo di pensare del depresso è particolarmente autolesivo, e conduce l’individuo ad uno stato di impotenza appresa. La reazione depressiva per essere stroncata necessita di interventi di psicoterapia che mirino a modificare sia i comportamenti tipici della condizione depressiva, quali il ritiro sociale e la rinuncia ad esistere ed a prendersi cura di sé, che di un lavoro psicoterapeutico improntato alla ricerca ed alla ristrutturazione degli schemi cognitivi inconsci che la persona nel corso della vita si è costruita e dai quali non riesce ad uscire convinta di essere condannata ad un ineluttabile destino.

